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23 Febbraio 2009

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Intervista ad Alex Gordon, membro del Consiglio nazionale della National Union of Rail, Maritime & Transport Workers, sindacato britannico che raggruppa circa 80.000 lavoratori del settore trasporti
I.O. (Informacion Obrera): La vostra organizzazione si oppone all’Unione Europea. Come siete arrivati a questa posizione?
A.G. (Alex Gordon): I lavoratori del trasporto che rappresentiamo sono stati i primi a soffrire gli effetti della distruzione dei diritti. Sono più di 30 anni che nel commercio marittimo si sono imposte le bandiere della convenienza e il dumping dei diritti. Le compagnie britanniche immatricolano le navi nel Belize, in Liberia, a Panamà, dove pagano salari molto più bassi, non esistono diritti per gli operai né regole di sicurezza. Nel settore marittimo abbiamo una lunga esperienza di come, al riparo di questa situazione, si produca il supersfruttamento dei lavoratori inglesi attraverso un processo di brutale competizione internazionale di questa mano d’opera a basso costo.
Nella nostra organizzazione abbiamo avuto una profonda discussione politica, abbiamo lottato contro il razzismo, e siamo arrivati ad una conclusione: il problema non è la nazionalità dei lavoratori, ma le leggi sul lavoro che utilizza l’imprenditore e la possibilità che l’imprenditore possa “emigrare” per stabilirsi in paesi con una legislazione del lavoro molto debole e con bassi salari ed evitare le leggi che proteggono i diritti dei lavoratori.
Con la “libera circolazione” e la “libertà di domicilio” in paesi con una minore protezione sociale comincia una corsa verso il baratro. La famosa direttiva Bolkenstein non è altro che una generalizzazione di questo principio nel quadro dell’Unione Europea, che prende ad esempio le cattive pratiche del settore marittimo in tutto il mondo.
Il nostro sindacato sa da anni che bisogna lottare perché i diritti sindacali siano obbligatoriamente rispettati e per la collaborazione internazionale tra sindacati per evitare la caduta dei salari e il dumping sociale. Negli ultimi 10 anni si è dimostrato che l’Unione Europea è la distruzione dei diritti del lavoro. La direttiva 91/440/CEE ha significato la liberalizzazione ferroviaria, con i conseguenti disastri che abbiamo visto in Gran Bretagna. Ora questa direttiva, e le altre che l’hanno seguita, vogliono forzare la liberalizzazione del trasporto ferroviario e porteranno alla stessa privatizzazione in tutta Europa. Con la liberalizzazione e la privatizzazione l’Unione Europea distrugge l’occupazione e i diritti. Crediamo che i sindacati debbano rovesciare questo processo. Dobbiamo lottare per la ri-nazionalizzazione delle ferrovie, perché le ferrovie siano governate dallo stato e controllate dai parlamenti nazionali e non dalle multinazionali. Ora, le sentenze del Tribunale Europeo su Vikong, Laval, Ruffert e Luxemburg mettono definitivamente in chiaro il ruolo dell’Unione Europea, che distrugge la negoziazione collettiva, i sindacati e riporta i diritti dei lavoratori indietro di 100 anni. Per questo la nostra esperienza ci ha portato a metterci contro l’Unione Europea.
I.O.: La vostra organizzazione appoggia la campagna dei sindacati e dei lavoratori irlandesi contro il Trattato di Lisbona. Ci può spiegare perché?
A.G.: Tanto per cominciare abbiamo affiliati in porti irlandesi come Rosslare, Wexford Dun Laoghaire, Belfast. Per questo facciamo parte della Confederation of trade Union Congress d’Irlanda. Quindi siamo interessati alla politica irlandese. Ma, di tutti i popoli dell’Europa, solo gli irlandesi hanno avuto l’opportunità di essere ascoltati, di votare in un referendum sul Trattato di Lisbona e solo loro hanno detto NO. Difendere la democrazia è, in primo luogo, difendere le decisioni del popolo irlandese. Ciò che succede adesso, obbligarli a tornare a votare, dimostra esattamente che nell’Unione Europea non c’è democrazia.
Il Trattato di Lisbona crea un super-stato, senza democrazia, che cerca solo di aumentare i profitti delle multinazionali a costo della distruzione dei diritti dei lavoratori. Se l’Irlanda può farla finita con tutto ciò, appoggiamo gli irlandesi. Bisogna farlo con soldi, con mezzi, aiutandoli a produrre e distribuire propaganda, con un appoggio militante.
I.O.: Lo sciopero spontaneo dei lavoratori del settore energia del regno Unito è stato definito “xenofobo”. Che ne pensa?
A.G.: Il primo a parlare di sciopero xenofobo è stato Peter Mandelson, ex-commissario europeo al commercio estero e oggi ministro delle attività produttive di Gordon Brown. Lord Mandelson è un noto ultra-liberista che ha portato il Partito Laburista molto più a destra di prima. La sua descrizione della xenofobia è tipica della sua ipocrisia.
Lo sciopero inizia nel nord dell’Inghilterra contro l’entrata di un nuovo sub-contrattista, l’impresa con sede in Sicilia, che non riconosce i sindacati e non rispetta il contratto collettivo. L’impresa non rinnova (il contratto) ai lavoratori specializzati e sindacalizzati e utilizza lavoratori italiani e portoghesi grazie alla direttiva europea sullo spostamento dei lavoratori senza necessità di rispettare contratti collettivi.
Lo sciopero è uno “sciopero selvaggio” perché le leggi antisindacali inglesi proibiscono ogni sciopero di solidarietà o convocato contro qualcuno che non sia il datore di lavoro diretto e ne rendono responsabili economicamente i sindacati che lo convocano.
Subito lo sciopero coinvolge 10.000 lavoratori in 10 luoghi differenti. In uno di questi vi hanno partecipato anche i lavoratori stranieri degli appalti. E’ stato organizzato sulla base delle assemblee e dei delegati di fabbrica. Quello che volevano era: che non ci fossero rappresaglie contro gli scioperanti; che tutti i lavoratori – nativi o stranieri – fossero coperti dal contratto; controllo sindacale della contrattazione; che tutti gli immigranti degli appalti potessero sindacalizzarsi e che ci fosse l’assistenza sindacale, compresa la traduzione, per tutti i lavoratori immigranti.
I.O.: Ma la stampa fa vede lavoratori con cartelli che parlano di “lavoro per i britannici”…
A.G.: E’ una denuncia dell’ipocrisia di Gordon Brown. Il Primo Ministro annunciò, nella Conferenza Annuale del Partito Laburista del settembre 2008, che l’impiego inglese sarebbe stato per i lavoratori inglesi, e ora permette l’impiego di immigranti senza contratto e senza diritti. I lavoratori che esibivano quei cartelli denunciavano ironicamente l’ipocrisia del primo ministro, e non erano né razzisti, né fascisti, né xenofobi. Possiamo assicurare che, in alcuni luoghi dove l’ultradestra ha cercato di intervenire negli scioperi, i picchetti di sciopero li hanno mandati via.
Le richieste dei comitati di sciopero erano socialiste e non fasciste. Chiedevano che tutti i lavoratori fossero protetti dallo stesso contratto, guadagnassero lo stesso salario; erano completamente antirazziste. Quest’accusa di xenofobia è mera propaganda politica e la bugia di uno dei politici inglesi che più manca di onore.
In verità, se permettiamo che si contrattino imprese che assumono stranieri non rispettando il contratto e le leggi sul lavoro, daremo una mano ad aprire la strada all’estrema destra.

da:   informacionobrera.org – 9 febbraio 2009